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Intro
Cosa possono fare le autorità politiche e le imprese per mettere la blockchain (link) al servizio del rinnovamento e del miglioramento del nostro sistema produttivo? Quanto tempo impiegherà il sistema educativo e della ricerca per colmare le esigenze formative, economiche e giuridiche, e rappresentare un punto di svolta per la diffusione della blockchain?
La blockchain e la governance per uscire dalla nicchia
In risposta a queste domande, si può osservare che da alcuni anni, in diversi eventi e convegni in cui si raccontano progetti, esperienze e prospettive, emerge che la blockchain si sta integrando sempre più nei processi aziendali e che l’ambito di sviluppo sul quale la blockchain può dare un valore “speciale” è quello della governance.

Fonte: Report AI e Blockchain – Strategy Innovation Forum 2020
Nel ripensare ai modelli di business o, per esempio, alle smart city come piattaforma, la blockchain non è solo una delle infrastrutture tecnologiche, ma è una delle basi per scrivere le regole che accompagnano il percorso verso nuove abitudini e nuovi comportamenti. Il cambio di paradigma, in questi casi, sta nel fatto che i progetti più evoluti si basano sul principio del superamento della logica a silos e sul fatto che serve capacità di integrazione.
Siamo davanti a due concetti valoriali per i quali la blockchain può portare un validissimo contributo: trasparenza e fiducia. Riconoscere questi vantaggi non è scontato. Se gli impatti della blockchain a livello di business risultano per molti versi più diffusi, ma ancora incerti, a livello di società le implicazioni appaiono ancora tutti da scoprire[1].
Nel suo intervento sul blog di Affidaty al link qui questo blog, Luigi Corvo ha ben illustrato come le disuguaglianze sociali e territoriali possano essere affrontate con le tecnologie blockchain, in quanto “l’adozione di protocolli aperti che sanno tenere insieme la prospettiva del micro-management con quella del governo di processi complessi, la trasparenza circa le caratteristiche qualitative e quantitative che devono assumere gli eventi desiderati per ingenerare una conseguenza, l’accessibilità della conoscenza creata e dei segnali che determinano i comportamenti degli agenti sono elementi indispensabili per creare fiducia verso il cambiamento impact oriented.”
Un bell’esempio di come la tecnologia, quando incontra l’economia e il diritto, possa offrire agli innovatori tante possibilità per reinventarsi, individuando nuove forme di innovazione e nuovi modelli da esplorare. Vista nella sua poliedricità, a conti fatti, la blockchain sta uscendo dalla nicchia degli argomenti riservati ai soli aspetti tecnici, trovando sempre più spazio in vari campi del sapere. Come sta accadendo con il fenomeno tokenomics – token digitale.
La blockchain, infatti, attraverso tools come lo smart contract ed il token digitale, si presenta come una tecnologia che ha il potenziale per cambiare il modo in cui governare le città, rafforzare il valore produttivo delle nostre eccellenze produttive, condurre ogni giorno transazioni in tutto il mondo[2]. Le sue applicazioni, infatti, non si limitano alle sole criptovalute, ma possono essere convogliate in tutti gli ambienti dove viene eseguita una qualsiasi forma di transazione. La ricerca delle applicazioni della blockchain è un’attività in continua espansione, sicuramente un’area di innovazione molto interessante.
[1] Il World Economic Forum ha recentemente pubblicato un toolkit (link) per aiutare le imprese e le organizzazioni nel lavoro che devono affrontare nell’implementare nuovi progetti blockchain, per considerare potenziali conseguenze indesiderate e per incoraggiare integrità, interoperabilità e inclusività.
[2] Secondo una survey condotta dal World Economic Forum, entro il 2027 il 10% degli scambi monetari globali saranno gestiti da piattaforme Blockchain.
Blockchain per Startup e PMI in Italia: il punto di vista dell’OCSE
Se guardiano al panorama produttivo italiano, si intuisce il grande interesse verso questo campo d’innovazione. “L’industria italiana delle blockchain è cresciuta rapidamente, grazie ad un gran numero di imprenditori che hanno sviluppato, testato e commercializzato infrastrutture e applicazioni basate su DLT. L’economia italiana vasta, diversificata e orientata verso le esportazioni, offre un terreno favorevole per lo sviluppo, il collaudo e l’adozione di soluzioni basate sulla blockchain in una pluralità di settori”.
È quanto rivela lo studio “Blockchain per Start-up e PMI in Italia” consultabile al link qui realizzato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). I dati confermano che sempre più imprenditori sono alla ricerca di nuove opportunità di business e si registrano già numerosi casi d’uso (ad esempio, gestione della catena di approvvigionamento, protezione della proprietà intellettuale e del copyright, risorse umane) in svariati settori (agroalimentare, energia, arte e spettacolo, sanità).
Nonostante il trend in crescita, l’eccesso di burocrazia e la difficoltà nel reperire i finanziamenti – secondo gli esperti OCSE – rischiano di rallentare lo sviluppo di questa nuova tecnologia nel nostro Paese. Il potenziale della blockchain, peraltro, risentirebbe anche della mancanza di formazione e di interdisciplinarietà. Quest’ultime difficoltà sono più chiare se immaginiamo a un informatico che, alla domanda su cosa sia un token, darà una risposta (‘il prodotto del coding’), molto probabilmente, diversa da quella che fornirà un’economista o un giurista, che penseranno a un token in termini, rispettivamente, di un bene o di un’attività, il primo, o come a un diritto di proprietà, oppure a un titolo di credito, il secondo.
Non è affatto facile, oggi, trovare un docente di diritto in grado di spiegare ai suoi studenti sia le caratteristiche giuridiche di uno smart contract che i suoi fondamentali aspetti tecnici relativi alla scrittura informatica. Altrettanto difficile sarà trovare un imprenditore che sappia padroneggiare i diversi aspetti relativi alla ‘natura’ di un token e comprenderne appieno le conseguenze.
Per questo un imprenditore sarà fortemente restio a sottoscrivere uno smart contract se non conoscerà le sue reali conseguenze o se non sarà messo nelle condizioni di sapere se lo stesso protocollo informatico andrà comunque in esecuzione anche se uno dei due contraenti avrà cambiato idea[1].
Partendo da questi argomenti, Filippo Zatti, in un suo recente articolo al link qui, occorre ulteriormente osservare che l’interdisciplinarità porta alla naturale esigenza di un linguaggio comune tra i formatori delle scienze quantitative (matematici, informatici, ingegneri, etc.) e quelli delle scienze sociali. L’interdisciplinarità e un linguaggio comune rivestono insieme una funzione strategica nella formazione di docenti adeguati all’esigenze che la tecnologia blockchain porrà in prospettiva”.
Un tema messo in evidenza anche nel rapporto OCSE, dove si può leggere che “l’ecosistema italiano è caratterizzato dalla stretta collaborazione delle imprese del settore blockchain con le università italiane. È di peculiare importanza riconoscere il ruolo centrale della rete delle università italiane nel sostegno allo sviluppo del settore, attraverso la conduzione di ricerca avanzata con possibili applicazioni industriali e la formazione di competenze qualificate”.
Quest’ultimo elemento potrebbe spiegare il motivo per cui gli imprenditori della blockchain in Italia non considerano il reperimento di talenti come un problema di rilievo. Considerato tuttavia che allo stato attuale la domanda di talenti nel settore da parte delle PMI è molto limitata, non è possibile prevedere se le esigenze del settore saranno soddisfatte una volta raggiunto il pieno sviluppo. Per questo diventa fondamentale incrementare il potenziale umano, arricchendo e ampliando l’offerta formativa interdisciplinare.
[1] La mancanza di un riconoscimento giuridico completo degli smart contract (per renderli legalmente vincolanti) impedisce alle imprese di sfruttare appieno il loro potenziale di innovazione.
L’ecosistema italiano blockchain tra opportunità e ostacoli
Dal rapporto dell’OCSE, a cui si rimanda per la lettura di dati e casi d’uso, emerge che la tecnologia blockchain è in rapido sviluppo a livello globale e l’Italia dovrebbe trarre vantaggio dai propri vantaggi competitivi per assumere un ruolo di primo piano su scala internazionale.
“L’Italia – si legge nel testo – dispone già di una solida base imprenditoriale e numerose imprese stanno mettendo a punto innovative soluzioni blockchain che potrebbero raggiungere una significativa presenza sul mercato, in particolare per l’erogazione di servizi nei settori di eccellenza identificati con il marchio Made in Italy (per esempio, il settore dei macchinari o agroalimentare, quello tessile e dell’arte) nei quali le caratteristiche della trasparenza, dell’immutabilità, della decentralizzazione, della sicurezza e dell’efficienza rivestono particolare interesse”.
Per sfruttare questi vantaggi, le PMI e le associazioni imprenditoriali e di categoria sono chiamate a svolgere un ruolo importante nella transizione, sperimentando soluzioni sistemiche di cui potrebbe beneficiare l’intero settore. A tale scopo, è essenziale creare un ambiente favorevole per gli imprenditori e le PMI, per esempio facilitando l’accesso ai finanziamenti, ai talenti, alle risorse e al mentorship, nonché semplificando le procedure burocratiche.
Oltre un terzo delle imprese del settore blockchain in Italia, che hanno risposto all’indagine OCSE, rivela una preferenza per la permissionless blockchain pubblica rispetto ai sistemi permissioned. Non si tratta di un’osservazione banale, perché in numerosi Paesi (come Israele) è stato invece privilegiato il ricorso alle reti private permissioned a causa della maggiore flessibilità per gli scopi aziendali, anche tenendo conto del costo della perdita della natura decentralizzata e, di conseguenza, del meccanismo del consenso, che costituiscono gli elementi più innovativi dei sistemi DLT. Tuttavia, numerose aziende in Italia attualmente non si limitano all’offerta di applicazioni, ma propongono anche la propria infrastruttura DLT sottostante. Questo dato potrebbe costituire un freno allo sviluppo, in quanto l’ecosistema del Paese risulta sempre più frammentato. Per superare tale ostacolo, sarebbe necessario integrare funzioni di interoperabilità nell’elaborazione del protocollo e delle applicazioni.
Per quanto concerne gli ostacoli, le imprese interpellate hanno evidenziato due problemi principali, la complessità delle procedure burocratiche necessarie allo svolgimento dell’attività e la difficoltà nell’ottenere un finanziamento. Queste osservazioni degli operatori del settore dovrebbero essere considerate come prioritarie dal Governo, perché in un ambiente altamente competitivo come quello delle imprese DLT le aziende si trasferiscono spesso nei Paesi che offrono maggiore affidabilità, trasparenza e semplicità a livello amministrativo e regolamentare. Inoltre, la maggior parte delle aziende intervistate ha indicato i fondi personali come principale fonte di finanziamento. Tale informazione, insieme all’indicazione che il reperimento di finanziamenti costituisce un serio ostacolo, delinea uno scenario in cui le PMI più dinamiche faticano a trovare i capitali di rischio e le risorse necessarie alle innovazioni da adottare.
Raccomandazioni di policy
Gli esperti Ocse hanno individuato nel rapporto cinque grandi aree in cui sono state collocate diverse raccomandazioni da indirizzare ai nostri decisori politici.
Educazione e consapevolezza – La prima proposta è quella di estendere l’uso dei “voucher per l’Innovation Manager” ai progetti focalizzati sulle tecnologie di registro distribuito, che attualmente non sono menzionate in modo esplicito nell’elenco delle 14 tecnologie previste. Tale risultato potrebbe motivare gli esperti di blockchain a iscriversi all’elenco degli “Innovation Manager“, contribuendo alla crescita dell’ecosistema.
Dati a supporto della definizione di politiche informate – Per “scovare” dove si trovano le migliori imprese che vedono la diffusione delle DLT nei processi aziendali, compresa la possibilità di identificare ecosistemi di blockchain emergenti a livello regionale, occorre basarsi sui dati nazionali riguardanti l’insieme della popolazione delle imprese. Per questo sarebbe importante condurre indagini sulla diffusione delle DLT nei processi aziendali e sulla consapevolezza a livello d’impresa, al fine di comprendere meglio il livello di adozione della blockchain da parte delle PMI e della relativa distribuzione geografica. In tal senso, diventa importane che le istituzioni preposte, collaborando con istituti di ricerca, conducano indagini specifiche, fornendo altresì informazioni sull’efficacia dei programmi di incentivi che il Governo destinata agli imprenditori e alle startup.
Erogazione di servizi pubblici alle PMI tramite un’infrastruttura DLT – Se un obiettivo strategico diventa quello di aumentare il numero di applicazioni utilizzate dal Governo per l’erogazione di servizi pubblici e l’adempimento delle formalità burocratiche, si potrebbe valutare l’opportunità di organizzare un hackathon tra le imprese italiane del settore, invitandole a competere per proporre una soluzione basata su blockchain per uno specifico aspetto di policy (per esempio, la semplificazione della procedura per la richiesta di sostegno finanziario nell’ambito dei programmi del MiSE, in modo da renderla più trasparente ed efficace).
Finanziamento delle startup e PMI innovative – Diventa sempre più cruciale evitare la frammentazione degli interventi a cui devono far fronte le PMI senza che esse ricevano un supporto specifico. Per questo si potrebbe pensare a una modalità di coordinamento dei programmi di incentivi promossi a livello locale dalle autorità e dagli enti e associazioni di categoria (per esempio le Camere di commercio) allo scopo di fornire alle startup e alle PMI informazioni chiare su tutti i canali di finanziamento a loro disposizione. Contestualmente, al fine di rafforzare il finanziamento alle PMI innovative si potrebbe valutare l’opportunità d’includere la diffusione della tecnologia blockchain in Italia tra gli obiettivi del “CDP Venture Capital SGR – Fondo Nazionale Innovazione” e del “Fondo per la crescita sostenibile” gestito dal MiSE.
Cooperazione a livello locale, nazionale e internazionale – Interessante la proposta di un coordinamento (anche nell’ambito di Accordi di programma) con le autorità locali interessate (per esempio le Regioni o i Comuni) che applicano attivamente strategie a favore dell’innovazione comprendenti l’erogazione di servizi alle PMI e ai cittadini tramite sistemi basati su DLT. A livello internazionale, invece, la cooperazione per la creazione di un’infrastruttura blockchain paneuropea è uno sforzo che l’Italia dovrebbe compiere, sfruttando il turno di presidenza del Partenariato europeo per la blockchain. In tal senso, per esempio, si potrebbe sostenere l’adozione e la diffusione operativa del sistema di identità digitale unica sviluppato nell’ambito della European Blockchain Service Infrastructure.
Conclusioni
Nel prossimo biennio, banchieri centrali, decisori politici e leader aziendali decideranno come sarà il futuro dell’economia digitale. Le economie occidentali hanno l’opportunità di abbracciare il decentramento e l’internet of value e, così facendo, mantenere le loro posizioni di leadership nell’economia globale. D’altronde far crescere l’Europa dell’innovazione è una delle più importanti sfide che la politica deve affrontare e lo sarà ancor di più nel decennio a venire. Tuttavia, i leader avranno bisogno di un livello di flessibilità e apertura che non abbiamo ancora visto. Come per tutto ciò che è audace, il futuro non è qualcosa da prevedere, ma da raggiungere.
Ora più che mai, la questione di chi costruirà quel futuro dovrebbe essere al primo posto in questo scorcio di fine anno. La prima giurisdizione ad abbracciare la blockchain e sviluppare appieno un modello normativo raccoglierà i frutti dell’occupazione e della crescita economica. Questa tecnologia, perciò, può raggiungere definitivamente la sua maturità anche nel nostro Paese, diventando a tutti gli effetti un’enabling technology in grado di supportare la transizione digitale delle organizzazioni, se accompagnata da specifiche e coerenti azioni che il Governo italiano dovrebbe adottare per sostenere la diffusione di DLT nel settore imprenditoriale.
È bene che le autorità italiane ne prendano sempre più coscienza, anche in vista della nuova progettualità da sostenere con il Piano nazionale di resilienza e di rilancio che avrà il sostegno finanziario dell’Europa. Sarà importante anche presentarsi con le idee chiare al terzo Global Blockchain Policy Forum 2020 (link), che l’OCSE sta organizzando per novembre. Affidarsi a un organismo tecnico come la Cabina di Regia Benessere Italia (link) per valutare la coerenza e l’efficacia delle azioni politiche o istituire un gruppo interministeriale, che potrebbe essere gestito dal MiSE, può rappresentare una garanzia affinché le azioni del Governo e le risorse investite in questo settore tecnologico siano adeguatamente coordinate in base a una visione comune del futuro.