
Il mondo dei token non fungibili rappresenta una nuova fiorente tecnologia per valorizzare il patrimonio culturale del nostro paese, in particolare monumenti, musei ed eventi.
Andando oltre alla grossa speculazione che sta emergendo sempre più preponderante nel settore dell’arte, del gaming, del lusso e dei “Collectibles” (ovvero le famose collezioni di migliaia di avatar come Bored Ape Yatch Club o CryptoPunks), gli NFT possono essere un asset digitale rivoluzionario per stimolare esperienze turistiche e culturali, promuovere un territorio, creando storytelling e gamification a favore delle economie di destinazioni ed enti locali.
In un futuro molto prossimo gli NFT saranno uno strumento che entrerà nella nostra quotidianità, probabilmente in una maniera che ancora non possiamo neppure immaginare.
Quando, una ventina di anni fa, Internet veniva utilizzato per chattare con gli amici e fare poco altro, non ci saremmo mai immaginati utilizzi che sono entrati poi nell’ordinario delle nostre vite. I nostri comportamenti, mentre guidiamo, mangiamo, guardiamo la tv o ascoltiamo la musica, sono profondamente cambiati.
Essere sempre connessi ha consolidato delle abitudini che sono diventate parte integrante e irrinunciabile della nostra quotidianità: ad esempio abbiamo smesso di telefonarci, e abbiamo iniziato a comunicare con messaggi vocali e emoji su Whatsapp; acquistiamo beni, spediti a domicilio, seduti comodamente nel divano di casa, scegliendo il fornitore che ha più recensioni positive; o pianifichiamo vacanze facendoci ispirare da video su Youtube.
Netflix, Spotify, Airbnb vent’anni fa non erano neanche un’idea. Ma sono diventati la soluzione ad un’esigenza o ad un problema man mano che la tecnologia ha portato nuovi strumenti, nuove connessioni, nuove necessità.
Al di là di ogni considerazione etica – anche condivisibile – questa è la realtà in cui viviamo. Allo stesso modo, anche gli NFT saranno i protagonisti di una rivoluzione che avrà un impatto significativo sulle nostre abitudini, relazioni sociali e lavorative.
Chi acquista un NFT di fatto mostra il proprio diritto di “possesso” – ma non di proprietà – su un bene digitale e su particolari servizi che possono essere associati. Il tutto su un’infrastruttura trasparente e non hackerabile: la blockchain. Per questo possiamo vivere finalmente l’esclusività e la “scarsità” dei contenuti digitali che, fino ad oggi, sono stati caratterizzati dalla libera accessibilità. Basta infatti un click con il tasto destro per poterli scaricare.
Il tema decisivo, da qui in avanti, saranno i settori di applicabilità: in questo momento, oltre ad una regolamentazione ancora mancante, l’unica criticità che vedo è la poca conoscenza sulle potenzialità di questi strumenti. Dopo tutto, è proprio la natura delle cose appena nate ad essere insondabile. Questo crea scarsa conoscenza, ma al tempo stesso grandi opportunità.
Nel settore della Pubblica Amministrazione pensiamo, come banale esempio, alla realizzazione di una collezione ad edizione limitata di render 3D dei monumenti della propria città, convertiti in Token Non Fungibili, e venduti all’asta. I proventi della vendita e del mercato secondario potrebbero essere destinati alla conservazione dei beni culturali della città, o ad opere di riqualificazione, sviluppando valore economico da destinare a tali attività.
L’Amministrazione potrebbe acquisire una terra virtuale su una piattaforma come Decentraland (una delle più famose piattaforme di blockchain gaming) e posizionare gli asset 3D all’interno di una versione “Metaverse” della città stessa. Il possessore dell’NFT diventerebbe il proprietario del monumento virtuale. Questo non solo sarebbe un benefit personale di identità, ma potrebbe essere associato a qualche esperienza esclusiva nel mondo reale: accesso a eventi, inviti a mostre, incontri in ambito culturale e tantissimo altro.
Ma c’è molto di più: la città farebbe un’operazione molto intelligente di branding e visibilità, entrando a contatto con le generazioni che, molto presto, passeranno tantissimo tempo su queste piattaforme. E saranno milioni di persone.
Chi si ricorda come hanno reagito i marketing manager delle aziende di tutto il mondo davanti al primo Facebook? Lo hanno completamente ignorato. Che senso aveva entrare in un social network dove la gente si condivide e commenta le foto?
Ma abbiamo visto poi com’è andata.
I musei possono ripensare alcune dinamiche commerciali, che possono dare un ritorno importante all’economia e autosostenibilità del museo stesso, magari sfruttando qualche pezzo raro esposto al suo interno. Il British Museum sta mettendo all’asta edizioni limitate delle opere originali esposte, come “La Grande Onda di Kanagawa” di Hosukai (messa all’asta a Settembre 2021) o alcuni dipinti di William Turner. In Italia un caso di successo è la Galleria degli Uffizi a Firenze, che ha venduto per oltre 70.000 euro un NFT derivato da un’opera di Michelangelo.
Ci possono essere tantissimi casi d’uso che la PA può beneficiare dall’utilizzo degli NFT. Una token economy può incentivare comportamenti specifici di turisti e cittadini, creando un sistema di premi spendibile in una rete di amministrazioni comunali. Un esempio? Incentivare il turismo attivo in diverse località, con ricompense in NFT che possono attivare benefit trasversali in tutti gli enti che aderiscono all’iniziativa.
Lo standard POAP (Proof of Attendance Protocol) è un sistema che permette alle persone di collezionare badges-NFT, generando una lista sul proprio wallet (il portafoglio dove sono collegati i token in nostro possesso) con l’elenco delle esperienze effettuate. Questo è solo un esempio di come una pubblica amministrazione possa ottenere la lista di persone che hanno partecipato ad un determinato numero di attività, corrispondente proprio alla collezione di badges.
Ritornando al settore dei musei, possiamo pensare a delle attività di gamification che attivano un sistema di ticketing in NFT per tutti i musei della città: visitando il singolo museo e collezionando i token digitali, il turista è incentivato a completare un itinerario specifico per ottenere un premio, che potrebbe essere a sua volta un NFT con una propria rivendibilità e valore.
E così la città potrebbe organizzare cacce al tesoro a tema storico, gastronomico e culturale, permettendo al turista di acquisire token spendibili poi in altre attività.
Un’ulteriore collaborazione con artisti ed imprese locali potrebbe dare luogo a collezioni NFT in edizione limitata, con un valore di per sé artistico.
Seoul è forse il primo caso globale di una città decisa ad utilizzare il Metaverso come ecosistema di comunicazione virtuale tra amministrazione e cittadinanza: 2.8 miliardi di dollari investiti dalla capitale Sudcoreana per sviluppare “Metaverse Seoul”.
I cittadini, indossando visori di realtà virtuale, avranno l’occasione di incontrare i funzionari della città sotto forma di avatar, per occuparsi di denunce, partecipare ad eventi e a consultazioni civili. Questo è forse il punto più importante: il virtuale può effettivamente migliorare alcune problematiche persistenti da sempre, come i lunghi tempi di attesa negli uffici comunali, la certificazione e il rilascio di documenti, la possibilità di un confronto diretto tra comunità e amministratori. Un’occasione per ridurre concretamente la burocrazia.