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Home Applicazioni reali

NFT, Blockchain: “Cripto-Arte” e validità legale.

Francesca BoffettiFrancesco PescebyFrancesca BoffettiandFrancesco Pesce
Giugno 1, 2022
in Applicazioni reali
Reading Time: 12 mins read
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“Non-Fungible Tokens, Cripto-Arte e Tecnologia Blockchain: un nuovo concetto di “proprietà privata” di opere d’arte digitali e validità legale delle transazioni registrate.” 

Index

  • Rete libera
  • Blockchain
  • Caratterizzazione del valore legale di una blockchain 
  • Quadro giuridico per l’utilizzo del protocollo blockchain 

Rete libera

A far data dagli inizi del web, il concetto di una rete “libera” che fosse centro di scambio di idee e informazioni ha sempre ispirato programmatori ed utenti ad agire e creare nella massima libertà, portando ad uno sviluppo incredibilmente veloce di quello che conosciamo come “internet” e che, dai più, ormai è dato per scontato. 

Una tale libertà, aiutata anche dall’anonimato garantito dalla rete, ha però agevolato – e non poco – innumerevoli persone interessate più ai propri fini, quasi sempre economici, che alla diffusione del sapere libero.


Uno dei fenomeni maggiormente diffusi e dannosi – è noto – è la pirateria informatica, ovvero la distribuzione (quasi sempre gratuita per l’utente finale) di opere protette dal diritto d’autore, distribuzione che avviene grazie alla semplicità di “duplicare” infinite volte uno stesso file, che sia un film, una canzone o un disegno di un artista. 

A ben vedere, l’arte digitale (intesa come la creazione, l’esistenza e la distribuzione di un’opera nello spazio telematico) si è sempre scontrata con la facilissima – ed impunibile – diffusione non autorizzata. E infatti, basta un semplice “copia-incolla” di un file reperibile online per possederne una copia, o meglio, un clone identico in tutto e per tutto. 

L’avvento delle tecnologie peer-to-peer o, in generale, di quelle che permettono la distribuzione di files tra utenti, senza che esista un minimo controllo sull’effettiva “proprietà” di quanto scambiato, hanno reso assai difficile per un creatore digitale – che sia figurativo o che produca brani musicali, poco importa – trarre un profitto dal proprio lavoro. 

Insomma, il “copia-incolla” ed il “salva con nome” sono diventati una barriera quasi insormontabile per chi tenta di vivere della propria creatività nel cyberspazio. 

Blockchain

Più o meno recentemente, però, l’avvento della tecnologia blockchain – “esplosa” grazie all’hype delle criptovalute – ha stravolto, innegabilmente, le regole del web: grazie alle transazioni certificate ed immodificabili registrate nelle blockchain, oggi si può tenere traccia di ogni “movimento” di un determinato file (che sia un documento, una canzone o un’opera d’arte figurativa) e, finalmente, i creativi digitali hanno modo di creare (“mintare”) e vendere le loro opere garantendosi un riconoscimento anche economico. 

Per fare questo, vengono utilizzati dei token, ovvero dei file digitali associati a quella determinata opera ed esistenti su una data blockchain. Questi token, inoltre, non sono liberamente interscambiabili o, per dirla meglio, non sono fungibili l’uno con l’altro, a differenza – ad esempio – di una somma di denaro. 

Questi Non-Fungible Tokens (gli NFT, appunto) permettono quindi, a chi li possiede, di divenirne effettivamente proprietario: a ben vedere, questa tecnologia ha assimilato il concetto di “proprietà privata” ad un determinato file digitale, il quale può essere compravenduto e, conseguentemente, soggiace alle dinamiche di mercato e ne diviene parte. 

Si capisce, quindi, perché il mercato dell’arte è stato precursore degli NFT e della tecnologia blockchain cogliendone subito la portata. Alcuni degli artisti tra i più noti nel mondo virtuale come Beeple, Pak, XCopy, Trevor Jones e gli italiani come Dangiuz, Giovanni Motta, Skygolpe, Fabio Giampietro, Mattia Cuttini e molti altri hanno creato opere poi vendute e rivendute a prezzi esponenzialmente sempre più alti. Una rivalutazione 

velocissima ed un interscambio immediato, proprio grazie al fatto che tutto esiste nello spazio virtuale, accessibile a chiunque abbia una connessione al web. 

Inoltre, sono nate gallerie d’arte digitali che promuovono e sostengono questo mercato: Art Innovation, fondata da Francesca Boffetti, è stata tra le prime start up italiane ad organizzare esposizioni “alternative”, superando il concetto e la mentalità tradizionale di fruizione dell’arte. Mostre internazionali dove le “tele” sono maxi LEDwall distribuiti nelle più grandi città del mondo e dove chiunque desideri fare propria un’opera può acquistarla in pochi secondi dal proprio telefono. 

Conseguentemente, diviene possibile investire in questo nuovo mercato apolide e telematico: come per le opere d’arte “classiche” – si pensi a un quadro o una scultura – è possibile compravendere opere esistenti nel cyberspazio, senza incorrere in problematiche di logistica, trasporto, assicurazione, conservazione e quant’altro. Con guadagni assolutamente reali. 

Non si comprano, però, gli NFT solo per investimento: dietro ci sono sempre, anche, il gusto e lo spirito del vero amante dell’arte. Esistono così terre virtuali, come Decentraland, Earth 2, Sandbox e altri dove ciascuna collezione può essere organizzata in gallerie o musei virtuali e mostrata a chiunque. 

Ma tutto ciò è possibile, si è detto, solamente grazie alla tecnologia blockchain, il cui appellativo è ormai piuttosto noto ma il cui funzionamento, almeno in linea generale, merita un approfondimento – anche e soprattutto per il fatto che, grazie al principio sotteso alla tecnologia, è astrattamente possibile dare un valore legale a quanto “possediamo” nel mondo virtuale. 

Ebbene, la blockchain potrebbe indicarsi come una specie di registro pubblico e decentralizzato che sfrutta la tecnologia peer-to-peer per validare transazioni tra due parti in modo sicuro, verificabile e permanente. Un network di computer raggiunge il consenso sulla creazione di un nuovo “blocco” che racchiude tutte le operazioni validate, e si unisce alla catena senza essere più modificabile da un singolo soggetto senza che siano modificati tutti i “blocchi” successivi a quello di interesse. 

In questo modo non ci saranno dubbi su quello che è successo durante il percorso: non possono esservi versioni differenti di uno stesso documento, ed ogni modifica risulta trasparente e tracciabile da chiunque. Insomma, in linea teorica può dirsi che la blockchain potrebbe svolgere il ruolo di “notaio” per trasferire in modo istantaneo e senza intermediari, ad esempio, la proprietà di qualunque bene come immobili veicoli, denaro, azioni e così via. 

Il principale vantaggio della citata tecnologia è individuabile nel fatto che non esiste un unico server controllato da qualcuno, ma tutti i partecipanti possiedono una copia del “registro”, e in qualunque momento possono verificare se è stato modificato un dato, da chi, e isolarlo, poiché non coincide con quello originario di cui tutti hanno copia. Quando c’è necessità di modificare un’informazione, occorre aprire un nuovo blocco e dichiararlo. Non c’è quindi possibilità di corruzione, truffa o furto, almeno in linea teorica. 

Ora, senza voler entrare nel dettaglio “tecnico” della tecnologia, basti sapere che ogni blockchain pesa alcuni gigabyte, è accessibile tramite internet e funziona (circa) come una 

email condivisa o un Google Doc, alla quale possono accedere tutti coloro che ne hanno la “chiave”. 

È opportuno però precisare che per le transazioni economiche serve l’adozione di una criptovaluta. Esistono tre tipologie di blockchain: 

  1. pubblica, a cui chiunque può accedere alla pari ed effettuare transazioni una volta scaricata la blockchain; 
  2. 2) appartenente a un consorzio, e quindi formata da un gruppo prestabilito di nodi, a cui può accedere chiunque oppure i soli partecipanti al consorzio, a volte con accesso limitato alle informazioni; 
  3. 3) privata, e quindi gestita da una sola organizzazione (può essere il caso di un’azienda che la utilizza per tutta la sua attività, di cui tutti i partecipanti sono a conoscenza). 

Questa tecnologia ha raggiunto l’apice della popolarità con il fenomeno delle criptovalute, in grande auge nell’ultimo trimestre del 2017. I Bitcoin, infatti, esistevano e venivano scambiati proprio per tramite della tecnologia blockchain e, con l’aumento esponenziale del valore dei medesimi, sempre più persone (ed anche Enti ed organizzazioni) iniziavano ad interessarsi del fenomeno. 

Dacché oggi in diversi Paesi viene oggi sperimentato l’utilizzo della blockchain in sistemi quali quello bancario o dell’industria. Ciò che tuttavia è di primaria importanza è la possibilità per i privati di utilizzare tale tecnologia al fine di sviluppare la propria attività avvalendosi di una blockchain pubblica (ad esempio, gestita dalla Pubblica Amministrazione), analizzando i vantaggi del protocollo rispetto a quelli oggi utilizzati. 

Occorrerà, soprattutto, stabilire il valore legale dei documenti contenuti nella blockchain e la loro efficacia probatoria in caso di controversie. 

Ad ogni buon conto, può dirsi che l’evoluzione verso la tecnologia blockchain è dovuta a: (i) L’evoluzione dei poteri informatici e di calcolo; (ii) lo strumento internet; (iii) la globalizzazione delle relazioni sociali. La blockchain è quindi definibile come una rete (organizzazione) distribuita o un libro mastro distribuito: durante l’evoluzione tecnologica, siamo passati da un’organizzazione centralizzata a organizzazioni decentralizzate, quindi a organizzazioni distribuite in cui tutti i partecipanti (nodi) interagiscono senza alcun controllo centrale né centralizzato, e in cui ciascun nodo ha una copia del database condiviso (ovvero della blockchain). 

La blockchain costituisce una registrazione di tutte le transazioni raggruppate in blocchi che formano una catena. La creazione di una catena di blocchi avviene attraverso “algoritmi di consenso” che differiscono a seconda della blockchain in questione. L’integrità del libro mastro viene mantenuta attraverso il “consenso” raggiunto dai partecipanti sulla validità di una determinata transazione. 

Le blockchain sono quindi sistemi complessi, abilitati dalla combinazione di reti di computer distribuite e protette da alti livelli di crittografia. 

Caratterizzazione del valore legale di una blockchain 

Diviene quindi fondamentale comprendere il valore legale e probatorio della tecnologia blockchain, valore la cui importanza è determinante in caso dell’insorgere di una controversia e che potrà determinare (legalmente) le necessarie informazioni sulla blockchain e sui criteri di sicurezza della medesima. In altri termini, da un punto di vista legale potrà “certificarsi” che in tale data e ora è avvenuta una determinata transazione e tra chi, con particolare riguardo alla sicurezza ed alla “bontà” dell’informazione. 

La blockchain pubblica (quale quella usata per i Bitcoin) è moto sicura proprio perché è diffusa a tutti gli utenti e – a meno che il 51% degli stessi non si accordi per una modifica 

“retroattiva”, il protocollo sarà pressoché inviolabile. Oltretutto, una blockchain pubblica (che quindi non prevede alcuna autorizzazione) riduce i costi (commissioni, codici di sviluppo, ecc.), consentendo attività decentralizzate, capacità di archiviazione, sicurezza (resistenza ai guasti, tolleranza agli attacchi, resistenza alle collusioni, evitando cartelli, et cetera). 

Pertanto, questo ambiente offre una buona sicurezza: si pensi infatti che, almeno fino ad ora, la blockchain di Bitcoin non è mai stata hackerata. 

Quadro giuridico per l’utilizzo del protocollo blockchain 

Per quanto riguarda il valore probatorio, l’aspetto puramente legale della blockchain è di sicuro interesse. Tuttavia, questo tipo di informazioni non dipende dagli attori (sviluppatori, minatori e investitori) ma dal quadro giuridico dei singoli Paesi in cui si svolge l’attività in questione. Cerchiamo quindi di fornire – per quanto possibile – alcune informazioni sull’uso “statale” della tecnologia blockchain, pur nella consapevolezza che quello che andremo a descrivere muterà molto rapidamente e quindi non potrà essere considerato universale da un punto di vista quantitativo. 

Nell’agosto 2016 la Banca Centrale Europea ha creato una task force sulla tecnologia di contabilità distribuita (DLT) ed ha lanciato un’iniziativa di ricerca congiunta con la Banca del Giappone. Negli stati (all’epoca) membri, Paesi come la Gran Bretagna e la Francia hanno seguito la stessa tendenza per analizzare da vicino le evoluzioni degli usi pratici della blockchain. 

Nel 2016, la Banca d’Inghilterra è diventata membro dell’iniziativa Hyperledger blockchain, guidata dalla Fondazione Linux, ed il regolatore britannico FCA ha redatto un ampio documento nell’aprile 2017 su DLT e cripto-token. La Francia ha adottato due proposte di legge che riconoscono la tecnologia blockchain nel 2016 e nel 2017. 

Queste leggi sono correlate all’uso della blockchain come modo per registrare in modo efficiente strumenti finanziari e di altro tipo e per migliorare l’autenticazione della proprietà e dei vari diritti reali. Il primo passo è stato l’adozione della legge del 6 agosto 2015 (anche denominata “Legge Macron 2”) la quale permetteva al governo francese di autorizzare l’uso della DLT per l’emissione e la registrazione di un nuovo tipo di strumento basato sul debito: i c.d. “minibond”. 

Questa norma prevedeva che l’emissione e il trasferimento di “mini-bond” potessero essere registrati in una tecnologia di registrazione elettronica condivisa e che la registrazione di un trasferimento di “mini-bond” nella tecnologia di registrazione elettronica condivisa costituisse un contratto legale valido secondo il diritto francese. 

Il riconoscimento legale francese della tecnologia blockchain ha fatto un ulteriore passo in avanti dopo l’adozione della legge “Sapin 2” nel dicembre 2016, i cui termini principali riguardano la registrazione di alcuni strumenti finanziari su una tecnologia di registrazione elettronica condivisa, come deciso dall’emittente, che sarebbe assimilabile a una registrazione in forma di iscrizione contabile. 

Gli strumenti finanziari che potrebbero essere registrati su una blockchain sarebbero in particolare azioni e alcuni strumenti di debito di società non quotate 

Inoltre, in forza di un’importante proposta legislativa d’oltralpe (i.e. la legge PACTE), saranno previsti nuovi chiarimenti sull’uso della blockchain come fonte di prova, specialmente come e quando considerare un diritto opponibile a ciò che è scritto nella blockchain e come specificare le domande relative al diritto di proprietà. 

Tuttavia, ad oggi, essa normativa non è ancora entrata in vigore nei punti qui di interesse. Dall’altra parte, negli Stati Uniti, a dicembre 2016, la FED ha pubblicato un rapporto in cui si afferma che la tecnologia blockchain rappresenta “potenziali opportunità” nei pagamenti, nella compensazione e nel regolamento, in particolare fornendo “un nuovo modo di archiviare, registrare e trasferire qualsiasi tipo di risorsa digitale”. Si osserva quindi negli Stati Uniti una tendenza verso il riconoscimento legale della tecnologia blockchain la quale è destinata ad evolversi in alcuni stati (Arizona, Nevada, Delaware) per poi, eventualmente, essere adottata anche a livello federale. 

Nel giugno 2018, l’Hangzhou Internet Court in Cina ha deciso che l’uso della tecnologia blockchain nella deposizione di prove può essere legalmente utilizzabile ma la decisione deve essere valutata caso per caso. Nel settembre 2018, la Corte suprema del Popolo della R.P.C. ha esteso questa direttiva a tutti i paesi considerando che la blockchain può ora essere legalmente utilizzata per autenticare prove in controversie legali, chiarendo che alcune questioni “telematiche” in Cina dovrebbero essere decise anche avvalendosi dell’uso di tale tecnologia, anche al fine di archiviare e autenticare prove digitali, a condizione che le parti possano dimostrare la legittimità della tecnologia utilizzata nel processo. 

In conclusione, considerando l’analisi precedente, abbiamo individuato diversi parametri per analizzare i motivi che consentono di adottare a livello statale una blockchain piuttosto che un’altra, principalmente in relazione al tipo di registrazioni/trascrizioni che dovranno farsi tramite il citato protocollo. Invero, il protocollo blockchain promette un grande cambiamento nel modo in cui determinati settori sono oggi strutturati. 

La “fiducia digitale” e l’autoregolamentazione di terzi che essa costituisce è resa possibile grazie alle varie proprietà che la sua tecnologia garantisce, e in particolare quella dell’immutabilità dei dati ivi contenuti. Tuttavia, si evidenzia che tale immutabilità non è garantita con il pretesto unico di rispettare il protocollo di una blockchain, posto che le blockchain “autorizzate” (i.e. quelle non pubbliche o diffuse ma controllate da un piccolo gruppo di attori) non beneficiano di una grande validità probatoria, potendo essere facilmente modificate. 

In estrema sintesi, può affermarsi che la blockchain pubblica, utilizzata da un folto numero di utenti garantisce la (pressoché totale) immutabilità dei dati ivi contenuti e può trovare “spazio” all’interno dell’Ordinamento italiano – mediante apposita proposta legislativa – affinché essa si sostituisca (gradualmente) ai Pubblici Registri, in maniera parallela all’utilizzo della Posta Elettronica Certificata la quale ha via via sostituito – ove possibile per i soggetti interessati – l’invio di lettere raccomandate a mezzo postale. 

Il costo in termini di risorse umane e tecnologiche necessario ad un attacco diffuso (i.e. di oltre il 51% degli utilizzatori della blockchain pubblica) sarebbe talmente elevato che, di fatto, è reso impossibile, parimenti alla falsificazione della cartamoneta europea, sempre più rara. 

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