
“Come siamo arrivati all’Open Innovation che mette sul tavolo le nuove idee rendendole accessibili a tutti?
Il ruolo di certificatore che la Blockchain può dare a processi innovativi sempre più veloci“
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Blockchain e business: maggiore fiducia per generare efficienza ed opportunità
Della Blockchain si è detto molto ma, non essendo io un tecnico bensì un curioso seriale con formazione economica, preferisco soffermarmi sul contesto attuale, sul cambiamento in corso e su come ci siamo arrivati.
Per il sottoscritto, per l’uomo comune, per l’imprenditore, l’adozione di registro condiviso e immutabile che facilita il processo di registrazione delle transazioni e di tracciamento degli asset in una rete di business favorisce lo sviluppo e la crescita. Il business dipende infatti dalle informazioni che, più sono rapide e accurate, meglio è.
La Blockchain è ideale per offrire queste informazioni perché fornisce informazioni immediate, condivise e completamente trasparenti archiviate in un registro immutabile a cui possono accedere solo i membri di rete autorizzati.
Sarà tutto più veloce, sempre più veloce, potenzialmente si potrà fare a meno di banche, notai, istituzioni finanziarie e così via. Una rete Blockchain può tracciare ordini, pagamenti, account e produzione. E poiché i membri condividono la stessa visione singola della verità, è possibile vedere tutti i dettagli di una transazione end-to-end, generando così maggiore fiducia, oltre a nuova efficienza e opportunità.
Blockchain come strumento per esaltare il potenziale nazionale
La pandemia da coronavirus ha impresso una forte accelerazione alle modalità di sviluppo che nei prossimi anni saranno alla base di ogni processo di crescita, non solo in termini di evoluzione tecnologica, non solo in Italia. Ma sarà solo grazie all’adozione di una nuova cultura, in cui l’innovazione diventa valore condiviso a ogni livello organizzativo, se anche le aziende italiane, tradizionalmente più piccole rispetto a quelle degli altri paesi industrializzati, potranno competere sfruttando la capacità d’innovare che le ha rese famose.
La crisi sanitaria ci ha costretto allo smart working e ci ha spinto verso relazioni virtuali, verso videoconferenze, con notevole risparmio di tempo e prospetticamente con grandi benefici probabili sull’ambiente.
In questo contesto, che velocemente brucia tutto, il ruolo certificatore della Blockchain è insostituibile.
L’Open innovation, di cui oggi si fa un gran parlare ma che in pochi sono in grado di definire visto che il processo è in corso, altro non è se non una nuova filosofia in cui l’approccio strategico e culturale è molto distante dalla cosiddetta Closed innovation, dove le attività di ricerca e sviluppo erano confinate all’interno del perimetro aziendale e le idee da trasformare in nuovi prodotti e servizi erano tutelate da meccanismi di protezione come brevetti e segreti industriali.
Il nuovo approccio strategico e culturale introduce invece un concetto di apertura che comprende sia idee e risorse interne sia soluzioni, strumenti e competenze tecnologiche che arrivano dall’esterno, da tutte le realtà innovative.
L’occasione è particolarmente ghiotta per un paese come il nostro, albergato da piccole aziende e grande inventiva; il talento sarà alla base dello sviluppo e della crescita e le infrastrutture più moderne, quelle digitali, consentiranno a chiunque la divulgazione del proprio sapere a livello globale.
L’occasione è da non perdere anche perché il nostro tessuto imprenditoriale, spesso fatto di piccole eccellenze, ha bisogno di rafforzarsi consorziandosi in aggregazioni complementari per affrontare una sfida che l’Europa ha già lanciato.
A disposizione ci sono ingenti fondi per chi saprà mettere ben in luce il proprio potenziale. E l’Italia, almeno sotto l’aspetto del talento, non è seconda a nessuno e, anche grazie a quanto oggi in termini di sicurezza e fiducia le Blockchain apportano, potremmo surclassare la deficienza infrastrutturale fisica che negli ultimi anni ci ha spesso posto in subordine rispetto ad altri Stati meglio organizzati. Potremo agevolmente sfruttare le autostrade digitali su cui viaggia il futuro degli scambi e del business, su cui viaggia il talento.
Nuove tecnologie ed OIC – Open Innovation Centre
E’ vitale prendere coscienza del passaggio epocale in cui ci troviamo. E’ fondamentale soprattutto che lo facciano rapidamente istituzioni e imprenditori. L’Italia fa comunque parte dei sette paesi più industrializzati del pianeta e perciò deve, per la salvaguardia del nostro tessuto imprenditoriale, favorire l’aggregazione di imprese, nelle forme più diverse. Se tutto questo non accadrà, il rischio di cannibalizzazione che già stiamo subendo, da parte di grandi gruppi stranieri, ci potrebbe portare a un irrimediabile impoverimento.
Alcuni territori si stanno attrezzando con leggi regionali ad hoc, volte a favorire lo sviluppo degli Oic, gli Open innovation centre. Personalmente vedo un Oic come una grande piazza fisica e virtuale, animata dai custodi del talento tra cui università, istituti di ricerca e associazioni industriali di categoria.
In questa moderna agorà studenti e imprenditori potranno verificare se e come realizzare le loro idee trasformandole in progetti sostenibili e troveranno i primi finanziamenti sia attraverso bandi locali ed europei sia grazie a hackathon e “call for ideas”. Sapranno selezionare l’incubatore giusto per spingere le startup e trovare il booster per accelerare la trasformazione delle pmi.
Ogni Open innovation centre del network dovrà avere, in fondo al corridoio o alla fine del processo di verifica di sostenibilità, la stanza della finanza dove, per settore merceologico, per finalità partecipativa, tipologia e modalità di supporto economico, sarà accessibile un panel di proposte di fondi, banche, business angel, investitori istituzionali e fondazioni.
Le nuove tecnologie giocano un ruolo chiave nello sviluppo del modello Open innovation, grazie alle loro caratteristiche di rapidità ed efficacia, permettendo la diffusione della conoscenza in tutte le direzioni.
Di contro, gli ostacoli al modello di Open innovation, da rimuovere velocemente con informazione e formazione, sono rappresentati dalla paura del nuovo e possono essere sia culturali, come la mancata capacità di fare networking e il non saper creare o condividere conoscenza tra i reparti aziendali, all’esterno o verso altre imprese e consumatori, sia infine strutturali come la resistenza ai cambiamenti che ostacola la riorganizzazione del lavoro necessaria a realizzare co-innovazione.
Sono convinto che solo chi saprà immaginare come sarà il mondo del lavoro tra cinque o dieci anni, utilizzando a piene mani ciò che oggi la tecnologia offre, potrà agevolmente cavalcare la rivoluzione epocale appena iniziata.
E’ ormai luogo comune affermare che la gran parte dei lavori che si svolgeranno tra pochi anni non sono ancora noti e che molte attività odierne andranno riviste alla luce dell’evoluzione in atto o rischieranno di scomparire per sempre. In Europa gli altri mercati si stanno muovendo velocemente, avvantaggiati dalla disciplina e dalle dimensioni delle loro aziende.
Noi abbiamo il talento che, se condiviso in sicurezza secondo questo nuovo approccio, e la Blockchain consente proprio questo, potrà premiare la nostra imprenditoria, la nostra economia, il nostro paese.