
Di Ruggiero Gianpiero – Esperto in valutazione e processi di innovazione del CNR
Index
Intro.
La Blockchain rappresenta qualcosa di apparentemente lontano, rispetto alla fame di digitalizzazione che abbiamo scoperto nelle fasi più drammatiche dell’emergenza sanitaria. Ma è veramente così?
Leggendo il documento Proposte per la Strategia italiana in materia di tecnologie basate su registri condivisi e Blockchain, elaborato dal gruppo di esperti nominato dal MiSE, si può tranquillamente affermare che la Blockchain non è destinata a finire la sua corsa su un binario morto. Il documento, anzi, anche se arrivato dopo due anni di lavoro, rappresenta una risposta finalmente all’altezza delle aspettative. Del resto, se il 2018, grazie al decreto legge n. 135/2018[1], sarà ricordato come l’anno in cui l’Italia ha scoperto l’importanza politica della Blockchain e ne ha normato alcuni aspetti, il 2020 è l’anno in cui gli esperti finalmente si sono pronunciati, formulando una Strategia ormai diventata di dominio pubblico.
La sintesi del documento, consultabile al link qui, rimasta in consultazione fino allo scorso 20 luglio, espone alcune raccomandazioni che spaziano in varie direzioni:
- dal dotare l’Italia di un quadro regolamentare competitivo, all’ incrementare gli investimenti pubblici e privati, favorendo l’adozione di una comune infrastruttura europea;
- dall’individuare campi applicativi per indirizzare gli investimenti in coerenza con i settori chiave dell’economia, favorendo tra l’altro la transizione verso modelli di economia circolare, alla promozione della Blockchain/DLT tra i cittadini, da rendere più informati e consapevoli delle sue potenzialità[2].
Tutto il documento merita attenzione e condivisione perché rappresenta un passo importante affinché la tecnologia diventi centrale. Se oggi la Blockchain si sta muovendo oltre l’hype e nel mainstream, adesso la palla passa di nuovo alla politica, cui spetta il compito di mettere in pratica, con misure concrete, gli indirizzi e le raccomandazioni formulate dai tecnici.
La Strategia, infatti, da sola non basta. Occorre scaricare a terra le proposte e la politica dovrà dare un ordine di priorità. Vediamo quali possono essere le prossime mosse da fare per l’avvio della fase esecutiva e i nodi critici ancora da sciogliere.
Recuperare il ritardo accumulato
A settembre il gruppo di esperti si riunirà per esaminare i documenti emersi durante la consultazione. In ogni caso le scelte su priorità e su come tradurre le raccomandazioni in indicazioni operative spetteranno al Parlamento e al Governo, che dovranno indicare dove poter utilizzare le DLT (che esistono da diversi anni) e dove applicare la Blockchain.
Naturalmente dovranno essere emanate al più presto le Linee guida sulla Blockchain, ossia il provvedimento di Agid contenente gli standard tecnici e i requisiti delle tecnologie basate su registri distribuiti. Annunciate in via di emanazione a inizio anno non sono più state emanate.
Non è chiara la motivazione della mancata pubblicazione, considerato che il documento era già pronto a gennaio, ma giacendo ancora nel cassetto, non si fa altro che accumulare ulteriore ritardo. Va da sé, dunque, che si rende quanto mai urgente sottoporre a consultazione il documento di Agid, così da sciogliere eventuali nodi.
Non c’è più tempo da perdere e non ci possiamo permettere di accumulare altro ritardo, soprattutto perché in questa fase di ripresa le imprese andrebbero sostenute e andrebbe rinforzata la supply chain, con una nuova saldatura tra le produzioni artigianali di alta qualità e la distribuzione.
Blockchain di comunità o consortili, volontarie ma incentivate, appoggiate su una infrastruttura nazionale. Un concetto innovativo che guarda alla sharing economy e che si porta dietro le proposte relative all’utilizzo delle sandbox e quelle relative all’impianto giuridico necessario per la definizione dei token, alla base della tokenomics. Si pensi poi alla mobilizzazione dei beni immobili, o almeno dei diritti accessori su di esse, attraverso la riformazione dei pubblici registri.
Obiettivi
Semplificazione e aiuto alle imprese. Sono questi i due capisaldi che in primis andrebbero affrontati. la blockchain rappresenta quanto di meglio ci possa essere per abbattere la burocrazia, per semplificare e rendere trasparenti tutti i processi, per farne uno strumento ICT professionale e solido, sul quale strutturare l’interscambio dei dati e l’interoperabilità tra sistemi nell’immediato futuro.
Se alcuni progetti su Blockchain in Italia a volte traballano, difatti, è perché manca un fisco chiaro e un framework normativo semplice. In alcuni casi l’investitore ha paura a impiegare denaro in un progetto che un domani, per una virgola ambigua, potrebbe causare problemi di evasione fiscale o violazione della privacy.
La questione centrale della Blockchain è la trasparenza, che è anche il suo punto forte, ma che incute timore a molti. Il Governo deve accettare la trasparenza e la fiducia come filosofia (si pensi ai concorsi pubblici), riformando perciò il fisco in modo semplice e non punitivo. Tutto ciò è ben lontano dal verificarsi, e stavolta non è un problema unicamente italiano.
Ulteriori passi importanti da compiere riguardano:
- l’integrazione della strategia sulla Blockchain con le Proposte per una Strategia italiana per l’intelligenza artificiale (consultabile al link qui), anch’esse elaborate da 30 esperti del MiSE e in attesa di progettazione esecutiva;
- il coordinamento con il Fondo Nazionale Innovazione, già operativo dopo la presentazione del Piano Industriale 2020-2022 di Cassa Depositi e Prestiti, per rendere il venture capital un asse portante dello sviluppo economico e per rispondere al bisogno delle startup innovative di trovare investitori capaci di investire in progetti di blockchain.
Investimenti
Gli investimenti complessivi in capitale di rischio sono in rapida crescita in Europa (da 5 miliardi di euro nel 2013 a 25 miliardi di euro nel 2018), ma rimangono limitati rispetto agli Stati Uniti, dove il mercato è circa 5 volte più grande.
Tuttavia, quando guardiamo agli investimenti nelle tecnologie Blockchain, il divario negli investimenti per le startup tra Europa e Stati Uniti è significativamente più piccolo.
Mentre la maggior parte degli investimenti nelle startup Blockchain sono dirette a società statunitensi per un totale di 4,4 miliardi di € (33%), le aziende europee hanno attirato un solido 2,9 miliardi di € (22%) e la Cina segue con un totale di 2,8 miliardi di € (21 %).
Uno dei motivi sottostanti è che, tra il 2009 e il 2018, le startup europee di blockchain hanno fatto molto più ricorso a forme di finanziamento alternative rispetto ai loro omologhi statunitensi.
Secondo una ricerca dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger della School of Management del Politecnico di Milano, l’Italia nel 2018 ha fatto registrare un forte fermento, posizionandosi per numero di progetti al terzo posto in Europa, dopo Regno Unito e Germania, arrivando a spendere 15 milioni di euro, con 150 casi suddivisi fra corsi di formazione e consulenza strategica per comprendere modalità e ambiti applicativi, consulenze per conoscere le diverse piattaforme e sviluppare progetti pilota, progetti operativi veri e propri e 10 casi di ICO (Initial Coin Offering attivati da startup).
Sviluppo blockchain: strategie tangibili a sostegno.
Le istituzioni europee vogliono rafforzare questa tendenza e intendono sostenere lo sviluppo di un ecosistema dinamico di innovazione a livello europeo.
In particolare, la Commissione europea, in collaborazione con il Fondo europeo per gli investimenti, ha creato il primo Fondo di investimento azionario dell’UE dedicato per le tecnologie AI e blockchain, che sarà annunciato al Convergence – il Global Blockchain Congress (link qui) a Malaga dall’11 al 13 novembre 2020.
Molti Paesi si sono dotati di una strategia sulla Blockchain, ad esempio la Germania. Adesso tocca anche all’Italia fare le sue mosse. In attesa di una iniziativa decisa da parte dell’Europa, la Strategia nazionale italiana, se ben applicata, potrà servire per attrarre capitali italiani e stranieri. Ne abbiamo tanto bisogno.
Si tratta perciò di mettere a sistema diverse iniziative avviate, con il MiSE che deve dimostrare di saper giocare il ruolo di istituzione in grado di rendere operante le riforme, il luogo dove le strategie diventano realtà.
Solo così si potrà sciogliere il dilemma se la Blockchain stia lentamente naufragando, un po’ come fecero i Minidisc una ventina di anni fa, oppure è qualcosa su cui oggi vale la pena di investire per creare nuovi processi, nuove modalità di gestire tecnologicamente dei flussi di dati, o addirittura per costruire nuovi modelli di business con i quali alimentare unità organizzative e nuove imprese.
[1] Fra le disposizioni approvate, è da segnalare l’art. 8-ter che per la prima volta definisce gli smart contracts e conferisce validità giuridica alle “tecnologie basate su registri distribuiti”, come la blockchain, definite come le “tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia, verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili”.
[2] Secondo il termometro Ipsos, il 20%degli italiani è informato su cosa sia la Blockchain, il restante 17% ne ha sentito parlare ma non sa bene di cosa si tratti, il 62% non l’ha mai sentita.