Intro
Un articolo sulla blockchain: perché questa nuova tecnologia, anche se nella sua fase iniziale, rappresenta una nuova era di internet. E non perché bisogna scrivere necessariamente su argomenti di tendenza, ma perché, dati alla mano, la blockchain si aggira tra di noi, apre nuovi orizzonti, conferisce certezza e contamina tantissimi settori.
Secondo un’analisi condotta da Statista, nel 2021, la spesa globale per le soluzioni blockchain dovrebbe raggiungere i 6,6 miliardi di dollari, per poi arrivare a quasi 19 miliardi di dollari entro il 20241.
Per l’osservatorio EU Blockchain, istituito dalla Commissione Europea, l’Italia ha un alto potenziale per svolgere un ruolo importante nel relativo ecosistema europeo, dato che nel territorio nazionale l’adozione di soluzioni basate sulla tecnologia blockchain è in rapido aumento.
Ad oggi, infatti, sono attivi oltre 95 player tra fornitori di soluzioni blockchain e startup innovative, mentre i settori più vivaci ed attivi sono quello bancario, quello della distribuzione e quello dell’agricoltura2.
Blockchain e Smart Contract nell’ordinamento giuridico italiano
Ma cos’è la Blockchain?
Letteralmente, significa catene di blocchi. Secondo un report pubblicato da Trial of Bits3, la Blockchain è un registro elettronico all’interno del quale è possibile registrare delle transazioni, caratterizzato dall’impossibilità di modificarle o rimuoverle, rendendole così immutabili nel tempo. Chiunque può consultare tale registro, che quindi è completamente aperto e condiviso. Per IBM, “la blockchain facilita la tracciabilità dei beni in una rete commerciale. Un asset può essere tangibile (una casa, un’auto, denaro, terra) o intangibile (proprietà intellettuale, brevetti, copyright, branding). Praticamente qualsiasi cosa che abbia un valore può essere rintracciata e scambiata su una rete blockchain, riducendo rischi e costi per tutti gli interessati”4.
Ma oltre all’aspetto puramente nozionistico e tecnico, dal quale certamente non si può prescindere per comprendere il suo evolversi, è sicuramente utile provare a fornire una visione d’insieme per comprendere tale nuova tecnologia.
Per prima cosa, bisogna sgombrare il campo da equivoci, e quindi bisogna subito chiarire che il concetto di blockchain non è associato unicamente a quello di criptovalute; invero, si tratta di una tecnologia che, per le sue caratteristiche e per le sue funzionalità, come abbiamo visto, ha molti casi d’uso, dalla Pubblica Amministrazione all’arte, dalla musica alla distribuzione, dalla finanza al mercato immobiliare, dall’agricoltura alla gestione dell’identità personale, solo per citarne alcuni.
Lo strumento attraverso cui comprendere il funzionamento della blockchain, o più in generale della tecnologia DLT (Distributed Ledger Technologies), è rappresentato dallo smart contract.
L’Italia è stata tra i primi Paesi al mondo ad aver riconosciuto la validità legale degli smart contract (nel 2019), con il decreto legge 14 dicembre 2018, n. 135, recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione, entrato in vigore dal 15/12/2018 e convertito con modificazioni dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12.
Invero, partendo dal dato positivo, inteso come diritto vigente, è opportuno richiamare l’art. 8-ter 5 del decreto legge 135/2018, con il quale il legislatore italiano ha definito lo smart contract come “un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse.”.
Uno smart contract, dunque, può essere definito come un programma che esegue una serie di istruzioni verificate e registrate su blockchain.
A questo punto, bisogna soffermarsi sugli effetti che produce l’esecuzione di uno smart contract e sui profili che caratterizzano la tecnologia blockchain:
l’autonomia, la decentralizzazione, la trasparenza e l’irreversibilità.
L’autonomia risiede nella esecuzione di un contratto senza il bisogno dell’intervento umano né della fiducia tra le parti;
la decentralizzazione è rappresentata dalla mancanza di un soggetto terzo che eserciti forme di gestione e di controllo, dato che il contratto si perfeziona con l’esecuzione dello smart contract, secondo il principio consensualistico (art. 1321 c.c.), con la proposta e l’accettazione tra le parti;
la trasparenza è garantita dalla pubblicazione perpetua del contratto su un registro pubblico (la blockchain);
l’irreversibilità, invece, è data dal vincolo immodificabile che deriva dall’esecuzione dello smart contract, da intendersi come momento perfezionativo dello stesso.
Dunque, perché la blockchain è importante?
A questa domanda risponde IBM partendo dall’assunto generale secondo cui il business si basa sulle informazioni: più sono rapide e accurate, meglio è.
“La blockchain è ideale per trasmettere dati perché fornisce informazioni immediate, condivise e completamente trasparenti archiviate in un registro immutabile.
Una rete blockchain può, tra le altre cose, tracciare ordini, pagamenti, account, produzione e molto altro ancora. E dato che i membri condividono una visione univoca della verità, è possibile vedere tutti i dettagli di una transazione end-to-end, generando così maggiore fiducia, oltre a nuove opportunità in termini di efficienza”6.
L’evoluzione di internet: dal Web1 al Web3
Ma come si è arrivati allo sviluppo di tale tecnologia?
È opportuno ripercorrere brevemente i passaggi che hanno portato all’avvento del web3.
All’inizio degli anni novanta, in pochi pensavano che il web si sarebbe sviluppato così esponenzialmente come poi è avvenuto e che avrebbe raggiunto le innovazioni ed i servizi tecnologici di cui disponiamo oggi; invero, si trattava di un web caratterizzato da una scarsa interazione da parte degli utenti, i quali potevano limitarsi ad una mera fase di lettura dei contenuti presenti sul web (web1).
A partire dagli anni 2000, inizia a delinearsi un nuovo tipo di web caratterizzato dalla presenza di grandi società, dall’offerta di innumerevoli servizi centralizzati e da una maggiore interazione da parte degli utenti, che hanno così potuto iniziare anche a scrivere e caricare contenuti sul web (web2).
Dunque, con il web2 i giganti della tecnologia hanno creato piattaforme centralizzate, sicuramente offrendo tecnologie straordinarie, ma al tempo stesso acquisendo una posizione sempre più dominante sul mercato, influenzando ed indirizzando le scelte consumeristiche degli utenti, con una gestione dei dati personali degli utenti sicuramente non chiara.
Tale processo evolutivo ha condotto alla nascita di un nuovo internet (web3), in cui il diritto di proprietà rappresenta la lente attraverso guardare e comprendere il suo funzionamento.
In altre parole, la tendenza (decentralizzazione) è quella di pensare internet come proprietà degli utenti e, quindi, come un nuovo ecosistema gestito in modo esclusivo ad opera di ogni utilizzatore.
Il diritto di proprietà nel Web3
Con l’avvento del web3, infatti, internet costituisce un nuovo oggetto del diritto di proprietà (“il diritto di godere e disporre della cosa in modo pieno ed esclusivo” – Art. 832 c.c.), dato che, grazie alla tecnologia blockchain, non appartiene più alle grandi piattaforme centralizzate, ma agli utenti, i quali, attraverso l’utilizzo di chiavi private (cd. wallet) e tramite l’esecuzione degli smart contract, possono essere proprietari di una determinata quantità di internet.
Ma un esempio pratico potrà chiarire meglio il concetto: mentre oggi gli artisti musicali raggiungono i loro fan mediante le piattaforme di distribuzione, grazie al web3 l’utente può acquistare un token – costituito, per l’appunto, da un brano musicale – direttamente dall’artista, senza passare più per gli intermediari (le piattaforme centralizzate).
Ne consegue che gli utenti del web3 potranno interagire direttamente tra loro senza entità intermediarie che esercitino forme di gestione delle prestazioni oggetto dello smart contract.
Probabilmente, è proprio la concezione liberale alla base del diritto inviolabile di proprietà che giustifica l’entusiasmo creatosi attorno alla tecnologia blockchain.
Il diritto di proprietà, massima espressione della libertà di ciascuno, attribuirà ad ogni utente il potere di godimento e di disposizione dell’asset oggetto della transazione in modo pieno ed esclusivo, ma sempre entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico.
Conclusioni
Anche se si tratta di un settore ancora nella sua fase iniziale, in continua evoluzione e sotto diversi profili ancora deregolamentato, è giusto pensare che ci troviamo di fronte all’alba di una nuova era di internet, ancora latente, ma già pronta ad esplodere? Sarà comunque stimolante esplorare e studiare da vicino l’evoluzione di questo nuovo scenario, per trovare le risposte, in fatto ed in diritto.
1 https://www.statista.com/statistics/800426/worldwide-blockchain-solutions-spending/
2 https://www.eublockchainforum.eu/sites/default/files/reports/eu_ecosystem_report_20220909_final%20version_1.pdf
3 https://uploads-ssl.webflow.com/5fd11235b3950c2c1a3b6df4/62b53d560764fa44279445ff_Blockchain_Operational_Risk_Assessment.pdf
4 https://www.ibm.com/it-it/topis/what-is-blockchain
5 https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2018-12-14;135, norma entrata in vigore dal 13/02/2019
6 https://www.ibm.com/it-it/topics/what-is-blockchain